Come massaggiatore è essenziale comprendere che il corpo umano è formato da diverse strutture che sono in comunicazione tra loro attraverso il continuum del sistema fasciale e che un disturbo in una zona di questo sistema, potrebbe causare complicazioni in un’altra. Approfondisci e aggiorna la tua visione sul corpo . . .
Il tessuto fasciale, struttura di tessuto connettivo, è equamente distribuito in tutto il corpo; avvolge, interagisce e permea vasi sanguigni, nervi, visceri, meningi, ossa e muscoli, creando vari strati a diverse profondità e formando una matrice metabolica e meccanica tridimensionale (sistema fasciale) che mette in comunicazione l’intero corpo.
La fascia varia in termini di spessore, funzione, composizione e direzione a seconda della sua posizione ed è un organo che influenza la salute dell’uomo.
Embriologicamente, il sistema fasciale origina dal mesoderma, anche se per alcuni scienziati la fascia è in parte riscontrabile nelle cellule della cresta neurale con particolare riferimento all’area craniale e cervicale (la cresta neurale è una struttura embrionale che si differenzia durante la terza settimana di vita embrionale).
Lo strato esterno è nominato fascia sottocutanea o fascia connettivale lassa (areolare).
Le fasce esterne sono spesso riprodotte in bianco solo nelle zone in cui hanno maggiore spessore in quanto difficile riprodurle tutte (figura sotto).
La fascia è composto da più livelli, ciascuno con quantità variabili di fibroblasti (cellule connettivali) disposti in modo dispersivo e impregnati di una sostanza gelatinosa conosciuta come matrice extracellulare, dove si trovano numerose molecole (es. glicosaminoglicani, proteoglicani e polisaccaridi come l’acido ialuronico).
Questo strato superficiale non è circoscritto esclusivamente sotto il derma, ma attraversa tutto il corpo, avvolgendo organi, rami neurovascolari e le diverse fasce dei distretti muscolari, appoggiandosi infine sulla fascia profonda.
Le fasce si espandono all’interno dando forma a involucri per ogni singoli muscolo, dandogli la possibilità di scorrere l’uno sopra agli altri e generare movimenti fluidi (figura sotto).
Il numero di strati della fascia superficiale e la quantità di sostanze in essi contenute dipendono dalla quantità di grasso, dal sesso e dalla zona corporea interessata.
La fascia superficiale è ricca di acqua, disposta in cristalli liquidi. I diversi strati comunicano mediante un sistema microvacuolare (microcavità), a sua volta composto dalle stesse strutture della fascia superficiale; è una ragnatela microscopica, riguardante vasi e nervi, in direzioni variabili, ed è altamente deformabile.
All’interno della fascia superficiale, esiste una rete vascolare indipendente dalle vie linfatiche ed ematiche chiamato sistema di dotti Bonghan che, presumibilmente, favorisce la comunicazione tra tutte le aree del corpo. Il sistema di Bonghan è composto dalla stessa sostanza che forma la fascia superficiale.
La fascia profonda è l’ultimo strato connettivo prima di entrare in contatto con la struttura somatica (ossa e muscoli) e i sistemi viscerale e vascolare.
È caratterizzato da vari livelli di tessuto connettivo lasso, che è il tipo più diffuso di tessuto connettivale.
Il suo sistema vascolare e linfatico è ben evoluto e presenta numerosi corpuscoli preposti alla propriocezione (capacità di percepire e riconoscere la posizione del corpo e degli arti nello spazio), in particolare i corpuscoli di Ruffini e di Pacini.
Questo strato fibroso è meno estensibile, presenta fibre di collagene disposte in modo più regolare ed è ricco di acido ialuronico.
Secondo alcuni scienziati, lo strato fasciale che avvolge gli organi è una fascia sierosa, ma in realtà è il prolungamento della fascia profonda. La fascia sierosa è definita così perché all’interno è contenuto un liquido (il liquido sieroso) che ha funzione lubrificante e permette di diminuire gli attriti tra le pareti delle membrane.
Tutti gli strati fasciali contengono una quantità variabile di fibroblasti con la capacità di contrarsi, noti come miofibroblasti. Contengono un tipo di actina simile a quella rintracciabile nei muscoli dell’apparato digerente; cioè, alfa-actina del muscolo liscio. La ricerca scientifica ha dimostrato che il continuum fasciale è innervato dal sistema simpatico autonomo.
Realtà ed ipotesi del sistema fasciale
Il continuum fasciale è basilare per:
- propagare la forza muscolare;
- per una esatta coordinazione motoria;
- per preservare gli organi nelle loro sedi.
L’emissione della forza è garantita dall’integrità fasciale, che è espressa dall’attività motoria prodotta; la tensione prodotta dai sarcomeri determina l’attività muscolare, utilizzando i vari strati dei distretti contrattili (epimisio, perimisio, endomisio), con direzioni e velocità differenti (figura sotto).
Il sistema fasciale può comandare l’orientamento delle fibre muscolari, in modo da diffondere il vettore di direzione della forza, e rendere più fluido ed ergonomico il passaggio della tensione.
Il sistema fasciale è ricco di propriocettori, in particolare di corpuscoli di Ruffini e di Pacini, per lo più nelle aree di passaggio tra l’articolazione e la fascia e tra la fascia e il tessuto muscolare, fondendosi con i recettori di queste strutture.
Il continuum fasciale può essere reputato un organo di senso della meccanica umana, che condiziona i modelli posturali quotidiani.
Il sistema muscolare fa parte del continuum fasciale e quando è affetto da patologie o disturbi sistemici come disturbi viscerali, genetici, vascolari, metabolici e alimentari, la sua funzione subisce una modificazione non fisiologica; numerosi sono i processi epigenetici che possono portare al suo adattamento in risposta a stimoli meccanotrasduttivi, con conseguente ulteriore diminuzione della sua funzione e delle sue proprietà.
Il continuum fasciale alterato origina una sintomatologia che deteriora le condizioni di salute, sviluppando spesso sintomi più significativi dei parametri clinici diagnosticati attraverso i dispositivi medico-diagnostici. L’affaticamento cronico, ad esempio, può essere associato al sistema fasciale, soprattutto quando il disturbo patologico persiste da diversi anni.
Recenti studi sperimentali hanno dimostrato che meccanismi fisiologici comuni possono essere coinvolti nella causa del dolore muscolare e dell’affaticamento; gli input afferenti dei nocicettori (neuroni sensoriali che segnalano un reale o potenziale danno tissutale) del sistema fasciale possono modulare la risposta afferente dal sistema nervoso centrale. Se l’afferente non è fisiologico, l’efferente sarà in disfunzione e in patologia. Le fibre afferenti sono fibre che portano gli impulsi nervosi dai recettori sensoriali che si trovano in periferia verso il sistema nervoso centrale. Il termine contrario ad afferente è efferente.
Un aumento del livello di citochine (piccole molecole che forniscono istruzioni precise alle cellule e originarie del sistema connettivo) dovuto a patologie sistemiche, potrebbe sviluppare dolore neuropatico.
Il tessuto connettivo può trasmettere direttamente segnali di dolore; contiene infatti nocicettori in grado di tradurre gli stimoli meccanici in informazioni sul dolore. Inoltre, in presenza di stimoli meccanici non fisiologici, i propriocettori possono trasformarsi in nocicettori. I nocicettori sintetizzano alcuni neuropeptidi che possono alterare il tessuto circostante e generare un ambiente infiammatorio.
Tutti gli strati fasciali necessitano di acido ialuronico per scorrere l’uno sull’altro; se la sua quantità diminuisce o non è distribuita regolarmente, la proprietà di scorrimento locale o sistemica è compromessa.
Diverse ricerche suggeriscono fortemente che qualsiasi cambiamento nella viscoelasticità del sistema fasciale attiva i nocicettori. L’acido ialuronico diventa adesivo e meno lubrificato, modificando le linee di forza all’interno dei vari strati fasciali. Ciò potrebbe essere una delle cause di rigidità articolare e dolore al mattino.
La stessa disidratazione ostacola la corretta rimozione dei cataboliti del metabolismo cellulare, stimolando i nocicettori; l’accumulo di metaboliti altera il pH all’interno della fascia, rendendo più acido l’ambiente cellulare; ciò si traduce in una fisiologia disfunzionale dell’acido ialuronico, e complica lo scorrimento dei diversi strati fasciali, stimolando nuovamente i nocicettori.
Il ridotto scorrimento dei vari strati limita la funzionalità del sistema endocannabinoide. Esiste una stretta relazione tra il sistema endocannabinoide e i fibroblasti. Il recettore dei cannabinoidi, o CB1, è principalmente alloggiato nel sistema nervoso, ma si può trovare anche nel sistema fasciale e nei fibroblasti, in particolare vicino alla giunzione neuromuscolare. Si ritiene che questa relazione gestisca meglio qualsiasi informazione di infiammazione e dolore originata nel tessuto fasciale, poiché la fascia subisce un continuo rimodellamento durante il giorno.
Si ipotizza che il flusso assoplasmatico, originato dalle radici gangliari e dorsali, porti alcune molecole alle terminazioni nervose distali, nel tentativo di diminuire le informazioni sul dolore derivanti dai nocicettori nel continuum fasciale; se è presente una barriera meccanica a causa di una riduzione dello scorrimento fasciale, il flusso assoplasmatico sarà intralciato, con conseguente insorgenza di iperalgia. L’iperalgesia è un’aumentata risposta ad uno stimolo capace di provocare sensazioni dolorose.
Secondo alcune ricerche, la perdita di un regolare scorrimento degli strati causa un aumento della densità dello spessore fasciale, rilevabile mediante ecografia, che spiega la sintomatologia atipica del dolore cronico; questo fenomeno non è chiamato fibrosi, ma densificazione fasciale.
Lo scorrimento imperfetto, ad esempio dovuto ad una cicatrice, origina una tensione anomala, che poi si riflette sul continuum fasciale, sviluppando sintomi dolorosi. Alterazioni tensionali possono derivare dalla proprietà contrattile dei fibroblasti, creando un tono fasciale indipendente dall’intervento neurologico.
Un ambiente meccanico non fisiologico stimola un ambiente infiammatorio, con successiva iperplasia (aumento delle dimensioni di un organo) dei fibroblasti e della fascia, il che sviluppa un infiammazione cronica e sensibilizzazione dei nocicettori.
L’infiammazione sperimentata dai fibroblasti aumenta l’edema extracellulare; questo edema dipende non solo da un’aumentata permeabilità vascolare, ma anche da tessuto fasciale lasso, che richiama liquidi all’interno. L’edema determina un aumento della tensione e della rigidità, con conseguente difficile scorrimento degli strati fasciali e dolore.
Questa situazione spinge i fibroblasti al rilascio di adenosina trifosfato (acido formato da una base azotata), stimolando i nocicettori.
È possibile che l’alterazione del flusso fisiologico di fluidi come linfa e sangue, causata da un’anomalia tensionale sperimentata dai fibroblasti, sia correlata ad una delle cause di patologie locali e sistemiche, come la formazione di tumori.
I fibroblasti (fondamenti del sistema fasciale) influiscono sul sistema immunitario, e di conseguenza sul tessuto osseo; questo fenomeno è chiamato osteoimmunologia. Il sistema immunitario e il tessuto osseo condividono interazioni molecolari e recettori di membrana; in particolare, gli osteoclasti (cellula deputata al riassorbimento della componente sia organica sia inorganica della matrice ossea) che sono sensibilizzati dalle citochine e viceversa.
Quando gli strati del continuum fasciale non scorrono adeguatamente l’uno sull’altro, dallo strato più superficiale al periostio, si sviluppa un ambiente infiammatorio, acuto o cronico; le citochine risultanti potrebbero attivare gli osteoclasti e il riassorbimento osseo, generando osteoporosi nel lungo periodo. Questa è probabilmente una delle cause che producono disturbi articolari nell’artrite reumatoide.
L’ispessimento della fascia può trasformarsi in fibrosi. La fibrosi o fibromatosi scaturisce da un disturbo del tessuto connettivo affetto da iperplasia e ipertrofia dei fibroblasti, dovuto ad un ambiente infiammatorio cronico, stress meccanico non fisiologico e immobilità; si possono osservare anche fenomeni di calcificazione. Queste variazioni morfologiche e funzionali sono state verificate nella tendinite del gomito e nella fascite plantare.
I fibroblasti perdono la loro direzione fisiologica, determinata da nuovi vettori di forza patologica, rivelando un’organizzazione caotica.
In presenza di una fibromatosi simile al tessuto cicatriziale, ad esempio nella contrattura di Dupuytren, si ha un aumento della percentuale di fibroblasti, che poi si trasformano in miofibroblasti, con conseguente alterata tensione sperimentata dal continuum fasciale; il risultato è un circolo vizioso di infiammazione e attivazione dei nocicettori.
E’ importante sottolineare che il tessuto connettivo, che si trova in prossimità di un’area fasciale sofferente, subisce stimoli meccanici non fisiologici, con conseguente ulteriore deterioramento funzionale degli strati fasciali. Questo meccanismo, che altera la corretta distribuzione della tensione generata e percepita, riguarda l’intero continuum fasciale, e tutte le strutture che circonda e sostiene.
Realtà ed ipotesi di studi clinici
La ricerca ha verificato che i pazienti che soffrono di mal di schiena lombare cronico, presentano un’infiammazione della zona fasciale locale e rivelano variazioni degenerative delle fibre di collagene e microcalcificazioni, oltre ad un aumento del 25% dell’ispessimento del tessuto fasciale perimuscolare (tessuto che riveste o circonda il muscolo) rispetto ai soggetti non sofferenti.
L’intera fascia toracolombare (zona torace/addome) ha un ruolo fondamentale in questa patologica. L’assenza di scorrimento dei diversi strati nella zona lombare e l’alterazione morfologica del tessuto generano una tensione meccanica non fisiologica, con conseguente sintomatologia dolorosa lombare.
Questa situazione non fisiologica sviluppa una mancanza di coordinazione nell’attivazione dei muscoli della fascia toracolombare coinvolti, con conseguente instabilità meccanica della colonna lombare e dolore.
I sintomi del dolore sono accentuati dallo stress, in quanto la fascia è innervata dal sistema nervoso simpatico, soprattutto nella zona vicino ai vasi sanguigni; pertanto, è probabile che produca vasospasmo e dolore ischemico. Ciò influisce negativamente sulla postura e sulla deambulazione.
Dai dati presenti in letteratura scientifica, si suppone che il tessuto connettivo sia più reattivo del tessuto muscolare nell’attivazione dei nocicettori. L’osservazione sugli animali ha dimostrato che i neuroni midollari che ricevono le afferenze nocicettive fasciali sono attivati dal 4% al 15% in più rispetto ad una fascia non infiammata.
La fascia toracolombare è collegata con quella del grande gluteo, della coscia, della gamba e della fascia plantare del piede, ed è strettamente correlata alla fascia del pavimento pelvico. Da ciò, gli scienziati logicamente ipotizzano che un problema della caviglia possa essere causato dalla connessione anatomica con la fascia toracolombare.
È stato dimostrato che una caviglia dolorante causa disturbi urogenitali e viscerali, come la dispareunia. La dispareunia comporta dolore all’inizio del rapporto sessuale o di qualsiasi altra attività sessuale che implichi la penetrazione, oppure durante tali attività. Questo evento può essere spiegato dalle connessioni muscolari esistenti tra il pavimento pelvico e la caviglia.
Il continuum del sistema fasciale può sviluppare sintomi in aree lontane dal punto disfunzionale originario, rendendo più difficile la diagnosi dello scenario clinico del paziente. Per questo motivo un paziente deve essere osservato come un’unica entità e non come un insieme di singoli segmenti corporei.
La cervicalgia atipica è causata da un’alterazione dello spessore degli strati fasciali, con conseguente alterazione della mobilità spinale e del dolore. Questa riduzione del movimento degli strati è chiamata stasi fasciale.
Il tratto cervicale ha un rilievo importantissimo sia per la masticazione che l’equilibrio posturale.
I muscoli che coinvolgono la masticazione (muscoli sopraioideo, massetere, pterigoideo, linguale e temporale) sono avvolti dalla fascia cervicale e un ‘ispessimento degli strati fasciali cervicali possono creare un disturbo dentale ed il ripristino di tale disturbo, risulterà inefficace, se non viene trattata la zona cervicale.
La fascia cervicale e il controllo visivo sono strettamente correlati. Esiste una varietà di riflessi, quali:
- Riflesso oculo-vestibolare. E’ un riflesso oculare che stabilizza le immagini sulla retina durante i movimenti della testa producendo un movimento degli occhi in direzione opposta, in questo modo l’immagine fissata rimane al centro del campo visivo.
- Riflesso optocinetico. È un riflesso che appare ogni volta che si fissano degli oggetti che presentano un rapido movimento regolare: come il paesaggio che scorre al di là dei finestrini di un treno in movimento, o una trottola che gira su sé stessa.
- Riflesso oculo-cefalico. E’ un riflesso vestibolo-oculare mediato dai nuclei vestibolari, che consente di tenere fisso lo sguardo mentre si ruota il capo, operando una deviazione coniugata laterale dei globi oculari in senso opposto alla rotazione del capo.
Qualsivoglia alterazione nell’area fasciale cervicale, sarà problematica per i riflessi sopra elencati. Ciò deriva dalla mancanza di coordinazione delle aree muscolari appartenenti agli strati fasciali cervicali e alla connessione con la fascia cranica.
La fascia cervicale superficiale posteriore (la continuazione della fascia toracolombare), che circonda la linea nucale, si fonde con i due terzi laterali superiori del muscolo occipitofrontale. Il muscolo occipitofrontale, attraverso un’ampia aponeurosi (espansione membranosa) detta Galea aponeurotica, decorre dalla zona condilare dell’occipite al ventre dei muscoli frontali.
La fascia superficiale del cranio riguarda la fascia temporoparietale, che si combina con i muscoli ventri della porzione frontale. Il muscolo occipitofrontale è connesso al muscolo di Muller; cioè, musculus levator palpebrae (figura sotto).
Il tessuto connettivo del muscolo di Muller è ricco di meccanocettori, tali da indurre una contrazione riflessa del muscolo occipitofrontale e mantenere gli occhi allineati per una corretta postura.
Quando c’è ipereflessia (eccessiva vivacità dei riflessi) dei meccanocettori nel muscolo di Muller, la contrazione del muscolo occipitofrontale è iperstimolata, con conseguente tensione cronica nella zona cervicale e cefalea.
Il muscolo di Muller è collegato alla capsula di Tenone, dove si trova il bulbo oculare; in particolare, condividono i muscoli extraoculari; La capsula di Tenone circonda il nervo ottico dove termina nell’occhio, fondendosi con il tessuto meningeo. Gli scienziati ipotizzano che una tensione nella zona fasciale del tratto cervicale alto influisca sul movimento del bulbo oculare, alterando il campo visivo e la postura, oppure provocando disfunzioni legate alla trazione fasciale sul nervo ottico, con conseguente alterazione dei riflessi oculari. Al riguardo sono necessari ulteriori studi.
L’integrità funzionale e tensionale del continuum fasciale è importante nell’omeostasi non patologica, e garantisce all’uomo una qualità di vita soddisfacente in termini di socializzazione e indipendenza.
Il sistema fasciale circonda l’albero vascolare (arterie, vene, capillari, vasi linfatici) e la sua continuità permette al miocardio di coinvolgere, con la sua sistole e diastole, tutte le aree permeate dal sangue. Il cuore stesso è circondato da un sistema tridimensionale di tessuto fasciale, che lo collega ai polmoni e alla fascia endotoracica (figura sotto).
L’albero cardiovascolare ha embriologicamente origine nell’ectoderma e nel mesoderma, così come il continuum fasciale che coinvolge anche il sistema nervoso centrale e periferico. Questa stretta connessione, albero vascolare e sistema nervoso centrale e periferico, chiarisce la motilità cerebrale causata dalla pulsatilità cardiovascolare; l’attività oscillatoria cerebrale è sincronizzata con la sistole e la diastole del cuore.
Le oscillazioni celebrali sono percepiti da osteopati e terapisti del cranio sacrale.
Nuovi studi hanno dimostrato che il liquido cerebrospinale è, per la maggioranza, drenato dal sistema linfatico, defluendo dalle guaine perineurali e perivascolari ai vasi linfatici scorrendo alla lamina cribrosa dell’osso etmoide, e quindi all’epitelio e alla mucosa nasale (freccia rossa figura sotto).
Il liquido cerebrospinale continua il suo cammino verso il pavimento buccale, il collo ed infine il sistema venoso.
Quando una persona soffre di aritmia cardiaca, viene trattato o con farmaci o con interventi chirurgi, ad esempio con ablazioni o con posizionamento temporaneo/permanente di pacemaker e defibrillatori (figura sotto).
Gli scienziati suppongono che il trattamento farmacologico o chirurgico, che regola la frequenza cardiaca, modifica la produzione del liquido cerebrospinale e di conseguenza influenzi negativamente l’ambiente della mucosa nasale, con conseguente rinite o sinusite.
Lo sbilanciamento del liquido cerebrospinale può alterare l’ambiente immunologico, sia cerebrale che sistemico, poiché trasporta molte sostanze (es. elettroliti, cataboliti, ormoni e neuropeptidi).
Un’alterata omeostasi della mucosa nasale e del nervo olfattivo può sviluppare disturbi delle vie respiratorie superiori e veicolare, attraverso le vie linfatiche, germi nell’area cerebrale.
Una lesione del nervo frenico o vagale provoca una disfunzione dell’attività contrattile del muscolo diaframmatico.
Il diaframma respiratorio ed i nervi, che attivano elettricamente il muscolo, appartengono al continuum fasciale che si fonde con il tessuto meningeo intracranico, la fascia endotoracica, toracolombare, cervicale ed interessando le visceri nella gabbia toracica.
La respirazione forzata, ha dimostrato di influenzare la motilità cerebrale e la sintesi del liquido cerebrospinale.
Si ipotizza che se il muscolo diaframmatico non ha una contrazione regolare, influisca negativamente sulla produzione del liquido cerebrospinale, mettendo a rischio la salute dell’uomo.
Inoltre gli scienziati suppongono che anche una disfunzione del sistema simpatico, derivante da un’informazione nocicettiva cronica del continuum fasciale (ad esempio per adesione cicatriziale), alteri la sintesi del liquido cerebrospinale, con conseguente riduzione dell’omeostasi sistemica.
Diverse foto del sistema fasciale
Conclusioni
Anni or sono, quando venivano dissezionati i cadaveri per studiarne l’anatomia, la fascia veniva gettata in quanto ritenuta semplicemente una strato di copertura, ma oggi la sua importanza ha cambiato completamente la visione del corpo e dei suoi collegamenti.
Tuttavia, sono ancora poche le informazioni e le ricerche sulle funzioni e interazioni tra il continuum fasciale e il sistema corporeo e come la stasi fasciale o il movimento alterato, dei vari strati fasciali, possano generare un problema clinico.
Sicuramente il sistema fasciale svolge un ruolo significativo nel veicolare la tensione meccanica, al fine di controllare un ambiente infiammatorio.
Conoscere, comprendere e considerare questo complesso sistema di strati fasciali è essenziale sicuramente per medici, operatori sanitari, osteopati, fisioterapisti, ma anche per noi massaggiatori consapevoli che l’intero corpo umano deve lavorare in armonia.